Vie Ferrate
L’arrampicata in montagna è una disciplina sportiva che richiede una buona preparazione fisica.
I muscoli sono sottoposti a sforzi che una persona normale, priva di preparazione fisica – mentale, non può affrontare, senza il necessario allenamento. Al contrario di quanto avviene nel trekking, dove con un minimo di allenamento
si possono percorrere sentieri alla propria portata per scoprire luoghi nuovi.
Tra chi si dedica al Trekking, e quanti praticano l’arrampicata, esiste una sorta di “anello” di congiunzione rappresentato dalle Vie Ferrate. Queste sono percorsi predisposti artificialmente con funi d’acciaio, scalette di ferro, catene e staffe che permettono
di oltrepassare forre, scalare pareti verticali che altrimenti richiederebbero una specifica capacità alpinistica.
Sebbene per i puristi dell’arrampicata le Vie Ferrate siano una cosa artefatta per salire sulle Montagne, per gli amanti del Trekking è la situazione ideale per avvicinarsi gradualmente al mondo dell’arrampicata.
Il Touring Club Italiano ha espresso bene il concetto di arrampicare in montagna con queste parole: le Vie ferrate hanno permesso a molti escursionisti esperti e allenati di avvicinare l’universo verticale dell’alpinismo. Doveroso a questo punto è spiegare la differenza
tra un sentiero attrezzato e la Via Ferrata, perché molte persone che frequentano occasionalmente la Montagna tendono a non capire le due tipologie di percorsi.
Nel sentiero attrezzato con elementi artificiali, funi ecc. queste servono unicamente a rendere il transito sicuro di un determinato segmento di sentiero, che non prevede il superamento di pareti verticali, come avviene nelle Vie Ferrate. Ciò non toglie che l’escursionista non debba prestare la massima attenzione nel percorrere un sentiero attrezzato.
In caso di un percorso misto tra il sentiero e la Via ferrata, occorre avere
nello zaino una corda dello spessore di 8 mm e lunga circa 20 metri, moschettoni definiti a “pera”, con la base larga,
un casco e l’imbragatura.
Come per altre attività sportive che si svolgono in montagna, anche per l’arrampicata sono stati definiti dei gradi di difficoltà che comprendono quattro parametri come il dislivello da oltrepassare, la verticalità di una parete e la tipologia di attrezzature artificiali presente lungo il percorso, e lo sforzo fisico occorrente al superamento degli ostacoli.
Classificazione delle Vie Ferrate:
Facile: è un percorso poco impegnativo per l’escursionista su lunghi tratti di sentiero.
Difficoltà media: è una Ferrata anche di una certa lunghezza, esposta ma facilitata dal fissaggio nelle pareti di appigli.
Difficile: è un tipo di ferrata che oltrepassa tratti brevi a strapiombo, con passaggi sospesi nel vuoto, è necessaria una certa preparazione atletica.
Molto difficile: si tratta di una Via Ferrata con diversi passaggi sospesi nel vuoto, non bisogna soffrire di vertigine e avere una buona forza nelle braccia.
Estremamente difficile: in questo caso ci troviamo di fronte a un passaggio di notevole difficoltà che può essere creato artificialmente. Un cartello prima dell’ostacolo da oltrepassare ne avvista la difficoltà, in questo caso sono previsti passaggi alternativi.
Il CAI (Club Alpino italiano), ha previsto parametri differenti con una scala di difficoltà suddivisi in cinque gradi.
Punti Pericolosi, lungo un itinerario di una Via Ferrata, possono presentarsi situazioni di pericolo oggettivo, come la caduta sassi, il terreno cedevole, la presenza di neve o ghiaccio, oppure la distanza da un rifugio e altri punti d’appoggio. Sebbene questi elementi non contribuiscano a determinare il grado di difficoltà delle Ferrate, lo sportivo che le affronta deve avere una buona conoscenza della Montagna, conoscere le mutevoli condizioni meteo e avere un’adeguata attrezzatura per affrontare eventuali imprevisti.
Nelle Vie Ferrate realizzate recentemente è posto quello che è chiamato “passaggio chiave”, il più difficile nei primi metri di percorrenza, così da evitare la salita di persone senza la dovuta preparazione fisica. In ogni caso, la Via ferrata è un’escursione impegnativa che si svolge in montagna, quindi da non sottovalutare in tutte le sue problematiche.
La storia delle Vie Ferrate
La prima Via Ferrata allestita risale al 1869 in Germania, sulla cresta sud-occidentale della montagna Grossglockner, impiegando funi metalliche e grossi chiodi di ferro. In seguito sempre in Germania fu realizzata dopo tre anni una nuova Via Ferrata sullo Zugspitze nel 1889.
In Austria fu fatto un ardito sentiero attrezzato sulla parete dell’Hollental.
Sulle Dolomiti si hanno notizie di una prima Via Ferrata nel 1903. Nel periodo che precede la 1° guerra mondiale, furono diverse le Associazioni Alpinistiche che realizzarono nuovi sentieri attrezzati, tra queste va ricordata quella del 1907 sulle Dolomiti del gruppo Sella.
Con lo scoppio della 1°Guerra Mondiale si ebbe un grande impulso alla realizzazione delle Vie Ferrate, per raggiungere gli avamposti militari sulla nostra catena Alpina, altrimenti irraggiungibili. Dalla vetta dell’Ortles fino all’Isonzo per circa 380 chilometri, si confrontarono in una logorante guerra di posizione, l’esercito Italiano e quello Austriaco. Su queste montagne furono realizzati sentieri attrezzati con scale di legno, funi e uncini di ferro, ma pure lunghe gallerie scavate nella roccia, usate ancora oggi dagli escursionisti.
Dal 1930 si ebbe l’epopea d’oro dell’Alpinismo, grazie al SAT (società degli Alpinisti Tridentini), facenti parti del CAI, fu realizzata la più grande Via Ferrata, fino al quel momento. La montagna interessata era quella delle Dolomiti di Brenta con la Via delle Bocchette, uno spettacolare sentiero attrezzato che permise di osservare in modo diretto angoli nascosti di questi bellissimi luoghi. Fu possibile andare da rifugio a rifugio senza toccare direttamente le cime di questa catena Alpina, compiendo
un itinerario escursionistico impegnativo ma dal grande fascino.
Con la 2°guerra Mondiale i combattimenti in trincea furono “abbandonati”, per l’impiego di nuove e più tragici armamenti, quindi per ritrovare un nuovo impulso
alla realizzazione delle Vie Ferrate bisogno attendere gli anni 50, quando ci si rese conto come gli eventi (tragici) della 1° guerra Mondiale, contribuirono in modo importante a una nuova filosofia dell’Arrampica.
Contestualmente questi sentieri di guerra divennero meta di pellegrinaggi per le persone che su quelle montagne avevano combattuto, per chi nella guerra aveva perso i propri famigliari.
Dopo cinquanta anni dalla fine del 1° conflitto Mondiale, gran parte
dei sentieri teatro di questi tragici eventi storici, erano in gran parte impraticabili, per l’usura che il tempo aveva fatto sulle cose (scale di legno, funi ecc.).
Fu grazie a un ex combattente Austriaco (Walther Schaumann), che i sentieri della grande guerra furono catalogati, pubblicate guide e con l’aiuto di atre persone, si recuperarono le Vie Ferrate e Bivacchi. Questi sentieri usati per collegare in passato le postazioni militari, servirono nuovamente per scopi più meritevoli,
ad avvicinare nuove persone al mondo dell’arrampicata, con lo scopo di raggiungere le cime montuose altrimenti impenetrabili.
Questi sentieri attrezzati, rinati a “nuova vita”, portano nomi affascinanti, come la Strada degli Alpini, Ferrata delle Trincee”, Sentiero Dibona”, ecc. Dagli anni 70 per favorire un maggior afflusso turistico verso i rifugi
di montagna, furono realizzate nuove Vie Ferrate.
La sicurezza sulle Vie Ferrate
L’uomo è nato per camminare, quindi nell’affrontare una Via Ferrata si trova in un ambiente anomalo, ma qualsiasi tipologia di salita o scalata presenta dei pericoli. In caso di arrampicata su roccia oltre ai nostri errori, se ne possono verificare d’imprevedibili, come la caduta di sassi oppure il cedimento di quelle parti artificiali che costituiscono una Via Ferrata, gli appigli ad esempio.
Questi elementi portano tutti una conseguenza: la perdita di equilibrio con conseguenze più o meno grave secondo il contesto in cui ci troviamo. Cadere da rilevanti altezze porta a conseguenze facilmente immaginabili!
Catena di sicurezza: in caso di perdita dell’equilibrio interviene la catena di sicurezza che evita rovinose cadute. Nell’Alpinismo bisogna avere dei Dispositivi di Protezione Individuali, opportunamente omologati in base alla normativa Europea. L’omologazione può essere facilmente verificata al momento dell’acquisto dell’attrezzatura.
I pericoli della montagna:
I tuoni e fulmini
Nel corso di un’escursione in montagna, l’evento che più frequentemente può presentarsi è il temporale, accompagnato da forte vento, pioggia intensa e fulmini.
Riguardo ai temporali ne abbiamo di tre tipologie:
Temporali di calore: si sviluppano principalmente nei mesi estivi, e sono frequenti sulle Alpi, in primavera sono le Prealpi le montagne più colpite da questo evento atmosferico.
Temporali orografici: si sviluppano con il flusso proveniente degli strati bassi dell’atmosfera che si sollevano dando luogo a temporali in presenza delle montagne.
Temporali frontali: sono determinati dal passaggio
di una perturbazione, e si verificano indistintamente durante il giorno o la notte.
I fulmini si dividono in tre tipi: abbiamo quelli che si sviluppano all’interno delle nuvole, da nuvola verso il suolo (è il più pericoloso per l’escursionista),
e da nuvola a nuvola.
Il tuono in realtà non è altro che un’onda acustica. Una cosa importante riguardante il fulmine
è che la corrente non si scarica entrando nel terreno come si crede, ma fluttua in superficie su di esso perdendo intensità allontanandosi dal punto di contatto col terreno, in questo caso si può verificare una fulminazione indiretta.
Un fattore molto importante è la tipologia dei materiali usati nelle Vie Ferrate artificiali, che sono in metallo, quindi soggette a ricevere con maggior probabilità le scariche elettriche generate dai fulmini. Da qui è facilmente intuibile
che una Via Ferrata non va affrontata in condizioni meteorologiche che possono scatenate un temporale.
Considerate che in montagna le condizioni meteo sono molto variabili e in breve tempo. Se vi trovate su una Via Ferrata quando avviene un temporale, allontanatevi immediatamente dagli appigli di ferro, evitando di ripararsi sotto gli alberi,
vicino a corsi d’acqua o cime di montagne scoperte.
La nebbia
Non è banale definire la nebbia un’insidia cui prestare attenzione quando si frequenta la montagna, se state percorrendo un sentiero poco segnalato, meglio non proseguire, oppure aspettare per verificare se la nebbia si dirada.
Se in pianura la nebbia è determinata da pulviscolo acquoso che sosta in aria per la mancanza di correnti d’aria, in montagna può essere determinata da nuvole basse.
Di solito quando frequentate un ambiente montano, avrete una buona visibilità il mattino presto, che va degradando nella parte centrale della giornata, per diventare nuovamente buona al tramonto.
Con la nebbia si ha un progressivo calo della temperatura, qualsiasi escursionista nel proprio zaino deve avere capi d’abbigliamento per affrontare tale situazione atmosferica.
Da evitare assolutamente è fare del trekking o affrontare le Vie Ferrate con la neve al suolo e la nebbia che v’impedisce la visuale circostante, col pericolo di cadere in buche o crepacci.
La temperatura e il vento
Chi va in montagna non in modo saltuario, sa benissimo come la temperatura o la presenza di vento incide sulla salute dell’escursionista. Vestirsi a “cipolla”, aggiungere o togliere di dosso capi di abbigliamento aiutano a gestire queste situazioni.