All’estremo sud-est della Lombardia, a pochi chilometri da Mantova, si trova San Benedetto Po. Il paese è legato in modo“indissolubile”almonastero benedettino fondato nel 1007 da Tedaldo di Canossa sull’isola che sorgeva tra il fiume Po ed il Lirone ora non più presente.
Per l’impegno religioso, politico e culturale il complesso Polironiano ha occupato un ruolo fondamentale nella storia del monachesimo Italiano fino alla sua soppressione avvenuta nel 1797 ad opera di Napoleone Bonaparte. Oltre mille anni di storia sono sedimentati nelle strutture di questo complesso monumentale che offre diverse modalità di visita nei luoghi caratteristici del monastero, dalle immense cantine agli appartamenti per gli ospiti di rango, i chiostri nonché l’infermeria nuova che in passato è stata pure una fabbrica di bottoni. Nel cortile antistante l’infermeria è ancora presente la ciminiera simbolo di “archeologia industriale”. L’itinerario si snoda attraverso opere di artisti quali Giulio Romano, Antonio Begarelli, Paolo Veronese, Correggio e Girolamo Bonsignori nonché testimonianze della cultura materiale dal 1007 anno di fondazione del monastero ai giorni nostri.
Un complesso monastico affacciato su una delle piazze più grandi d’Italia, sviluppato su 3 chiostri comprendente la grandiosa Basilica restaurata da Giulio Romano, l’infermeria, il refettorio e le antiche cantine.
Cosa visitare:
1) Chiostro di San Benedetto
2) Chiostro dei Secolari
3) Scalone Barberiano
4) Infermeria Nuova
5) Chiostro di San Simeone
6) Basilica
7) Refettorio Grande
8 ) Giardino dei semplici
La Chiesa Abbaziale
Giulio Romano restaurò la chiesa benedettina di Polirone nel periodo compreso tra il 1540 ed il 1546 (data del suo decesso),
su invito dell’abate Gregorio Cortese.
L’intervento, ispirato dalle fabbriche romane di Bramante e Raffaello è un esempio importantissimo e unico di“travestimento” all’antica di un tempio medioevale.
Di notevole interesse le 32 statue in terracotta realizzate dal Modenese Antonio Begarelli (1452 – 1559); l’oratorio romanico di Santa Maria con mosaici pavimentali del 1151, il coro ligneo del 1550 e la sagrestia con armadi intagliati da Giovanni Maria Piantavigna di Brescia (1561-62). Nelle cappelle erano presenti fino al 1797 tre pale d’altare di Paolo Veronese ed una di Giulio Romano (sostituite con rispettive copie tardo settecentesche). Le attuali tele della navata centrale raffiguranti le storie dell’Antico e Nuovo testamento, sono di Paolo Zimengoli (1726) e ricoprono le più antiche decorazioni con festoni e putti sorretti da teste di leone di scuola giuliesca. Fino a qualche anno fa non era conosciuto l’originale aspetto esterno della basilica, per quanto fosse noto che la facciata originaria non possedeva l’attuale loggia settecentesca ma solo un vestibolo sporgente.
Il Refettorio Grande
Il Refettorio era la sala dove i monaci consumavano i pasti, a Polirone nel 1478 circa fu edificato con questo scopo un edificio autonomo:
un salone di metri 50 x 11 diviso in quattro campate, che furono coperte da volte a crocera. I monaci vi entravano dal lato est, cioè dal chiostro maggiore, transitando per un vestibolo dotato di una grande fontana.
Attualmente il refettorio ospita il Museo dell’Abbazia ed è sede di importanti mostre.
L’Infermeria nuova
La costruzione dell’edificio, che doveva costituire il lato ovest del cosiddetto quarto chiostro ( di cui attualmente mancano due lati di quelli previsti), fu avviata ai primi del cinquecento dall’abate Giovanni Corsaro da Venezia. Secondo il programma originario il piano nobile doveva ospitare la nuova biblioteca monastica, il progetto non venne realizzato e le colonne che dovevano servire a scandire l’ambiente vennero riutilizzate nella Basilica dove si trovano tutt’oggi.
L’infermeria dopo la soppressione del Convento da parte di Napoleone è stata utilizzata anche come fabbrica di bottoni, ne è una prova la ciminiera in mattoni che si trova all’esterno, ora simbolo di archeologia industriale.
Sotto all’edificio ci sono le cantine dove venivano conservati i viveri per il fabbisogno dei monaci, visitando locali restaurati si rimane impressionati dalle ampie dimensioni dei medesimi.
Lo scalone Barberiano
Lo scalone fu realizzato in marmo e decorato a stucco da Giovan Battista Barberini nel 1674. Esso univa gli appartamenti dei duchi di Mantova col chiostro di ingresso al Monastero e probabilmente ospitava le statue di Tedaldo, Bonifacio e Matilde di Canossa.
Ai quattro angoli della volta si trovano gli stucchi che rappresentano le virtù cardinali, Prudenza - Giustizia – Fortezza e Trasparenza mentre sopra l’ingresso vi è il busto di Cristo. Al centro della volta l’affresco riproduce la rosa dei venti che era in origine collegata a una sfera segna vento.
Matilde di Canossa e San Benedetto Po
Ai Canossa l’abbazia di San Benedetto Po deve veramente molto: la sua nascita, su un’isola boscosa ed al tempo paludosa, dove già c’era una piccola chiesa dedicata a S. Benedetto, formata dal fiume Lirone (non più presente) ed il Po. Una lingua di terra di proprietà della famiglia Canossa e donata da Tedaldo, nonno di Matilde, proprio per edificare l’Abbazia. È il 1007 e tempo un decennio, il piccolo nucleo monastico è in espansione, grazie alla beatificazione dell’eremita Simeone, qui approdato dopo una vita trascorsa come pellegrino; e qui morto e sepolto all’interno della chiesa sulla sinistra entrando nella medesima. Simeone operò diversi miracoli così da porre S. Benedetto Po sulle mappe della fede. Il prestigio della santità dà al cenobio l’impulso per diventare faro della cristianità, segnato dall’edificazione di una nuova chiesa, consacrata nel 1076, quando Bonifacio è, morto assassinato da un pezzo e il suo posto alla guida della famiglia è stato preso dalla figlia, la ora trentenne Matilde.
Matilde una donna segnata dal destino e che ha, a sua volta,
segnato quello dell’abbazia di San Benedetto Po
Nella guerra fra l’imperatore e il papa, che solo un anno dopo la consacrazione della nuova chiesa avrebbe visto lo storico incontro fra Enrico IV e Gregorio VII presso il castello dei Canossa (provincia di Reggio Emilia), Matilde, coinvolta anche militarmente e minacciata nell’integrità dei propri domini territoriali, pose l’amatissima abbazia sotto la protezione del papa; che affidandola alle cure dell’abate di Cluny l’avrebbe introdotta nel più vasto circuito del monachesimo europeo.
Matilde muore nel 1115 senza un discendente, dopo una vita avventurosa e da romanzo, figura fulgida (e non solo per la chioma ramata e la descritta bellezza) esprime la volontà di essere sepolta nell’amatissima Abbazia di San Benedetto Po.
In una notte del 1632 i monaci benedettini con l’assenso dell’abate del tempo riesumarono in fretta e di nascosto i resti di Matilde di Canossa per consegnarli dietro un lauto compenso (l’Abbazia di San Benedetto Po versava in una grave crisi economica) a Papa Urbano VIII desideroso di avere a Roma i resti di una così prestigiosa sostenitrice del Papato.
Il Papa commissionò a Gian Lorenzo Bernini il monumento funebre di Matilde di Canossa e da all’ora la gran contessa risposa in San Pietro unica donna assieme a Cristina di Svezia. Nella tomba a San Benedetto Po, dicono che vi siano rimaste solo le sue pantofole.
Diario di viaggio
Parcheggiamo la macchina nella piccola piazza Giacomo Matteotti per entrare nell’area adiacente l’Abbazia (piazza Teofilo Folengo) servendoci dell’antica porta che usavano i pellegrini giungendo a San Benedetto Po. La prima cosa che notiamo è il Refettorio in fondo alla piazza con una curiosa ciminiera in mattoni di cui si vede sopra il tetto la parte terminale. Dopo la chiusura del complesso monastico da parte di Napoleone alcuni edifici del complesso sono stati adattati ad usi diversi, per esempio l’infermeria nuova è stata per un certo periodo una fabbrica di bottoni! Ecco spiegata la presenza di questa insolita ciminiera in mattoni, reperto di archeologia industriale.
La grande piazza (Teofilo Folengo) che ora si prospetta davanti a noi ha una forma ad L, un tempo il fondo era asfaltato poi in seguito a lavori di riqualificazione della medesima è stata pavimentata con cubetti di porfido. Immancabilmente durante i lavori sono stati ritrovati numerosissimi reperti legati alla storia dell’Abbazia come cisterne per l’acqua, fondamenta di edifici, portici ed altro ancora. Una volta catalogati e recensiti i vari reperti sono stati coperti con teli e tutt’ora sono sotto la piazza, ho avuto modo di vedere questi reperti durante i lavori, il complesso monastico era veramente di grandi dimensioni!Dalla piazza osserviamo sulla nostra destra la splendida Abbazia in cui ha operato pure l’architetto Giulio Romano lo stesso di palazzo The a Mantova, ora guardiamo il campanile… sulla sommità a “punta” c’è un curioso balconcino in ferro a forma circolare. Attraversando la piazza non ci si rende conto delle reali dimensioni del complesso perché alle spalle della Chiesa ci sono dei chiostri, edifici vari, mentre dietro al refettorio c’è l’infermeria nuova di notevoli dimensioni. Impressionante è la grandezza delle cantine che ospitavano i viveri necessari al sostentamento dei monaci. Un tempo gli edifici che circondano attualmente la piazza erano adibiti a foresteria per i pellegrini, scuderie dei cavalli ecc.
Durante il recupero della piazza è stato lasciato a lato della Chiesa una lunga “striscia” in terra in cui è cresciuto un bel prato, da qui ci dirigiamo verso l’ingresso che porta al primo chiostro visitabile, quello denominato dei “secolari”, varcato l’ingresso del palazzo abbiamo alla nostra destra l’ufficio turistico.
Poco dopo ecco il chiostro al cui centro c’è una fontana circondata da piccoli vialetti con siepe, sul lato opposto il bellissimo scalone G. B. Barberini con statue a lati della scala ma la parte più interessante lo si nota guardando il soffitto, c’è un dipinto raffigurante la “rosa dei venti”.
Un tempo una lunga pertica proveniente dal tetto indicava ai monaci la direzione del vento, nel chiostro dei Secolari sono ubicati pure i servizi igienici. Usciamo dal medesimo chiostro attraversiamo la piazza passando davanti all’Abbazia per andare a visitare il chiostro di San Benedetto posto vicino al Refettorio. Questo chiostro presenta solo due lati porticati con i resti di affreschi, su un terzo lato antistante l’Abbazia è stato inglobato nel complesso però osservando attentamente il muro si notano gli archi del portico ed i capitelli ora murati. All’ombra del portico ci troviamo nei pressi della sala del Capitolo (con tombe degli Abati), rimando in silenzio è facile ascoltare canti Gregoriani provenire da oltre la porta.
Dal portico osserviamo il giardino del chiostro e poco oltre il Refettorio a cui siamo passati davanti per arrivare qui.
Come arrivare a San Benedetto Po
Tramite l’autostrada A22 Modena-Brennero (uscita di Mantova Sud per chi proviene da nord, uscita di Pegognaga per chi proviene da sud).
Autostrada A4 Milano-Venezia (a Verona immettersi sulla A22, poi uscita Mantova Sud)
Autostrada A1 Milano-Napoli (a Modena immettersi sulla A22, poi uscita Pegognaga)
Arrivare con il treno
Linea Suzzara-Ferrara (stazione di San Benedetto Po)
Linea Bologna-Brennero (cambio alla stazione di Poggio Rusco)
Linea Verona-Mantova-Modena (cambio alla stazione di Suzzara)
Linea Parma-Suzzara (cambio alla stazione di Suzzara)
Arrivare In autobus
Il servizio di pullman è gestito da APAM di Mantova
Informazioni Turistiche
L’ufficio Informazioni Turistiche “I.A.T” di San Benedetto Po e dell'Oltrepò Mantovano si trova in
piazza T. Folengo n°22 all’interno di uno degli edifici dell’Abbazia.
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